Questo breve articolo vuole mettere in discussione l’affermazione secondo la quale il bravo venditore “non molla mai il colpo” o “non molla mai la presa”, cioè non si arrende mai finché la trattativa non è chiusa e ha un briciolo di speranza.
Ma prima di spiegare le mie motivazioni devo fare una importante premessa. Io sono convinto che un venditore professionale, specialmente un una vendita complessa, BtoB, debba essere coinvolto nelle problematiche interne alla sua azienda, e quindi avere a disposizione tutta una serie di informazioni che gli consentano di effettuare valutazioni più ampie a proposito delle trattative che ha nel suo portafoglio. Lo stacco fra la forza vendite e il resto dell’organizzazione conduce talvolta a quelle predizioni che si autoavverano del tipo “i venditori portano a casa incubi”.
Ovviamente deve anche essere dovere del venditore raccogliere queste informazioni, interfacciarsi con le altre funzioni aziendali, e rendere la trattativa un lavoro di team.
Quindi affermazioni del tipo “tu pensa a vendere, al resto pensa l’azienda”, non sono secondo me solo anacronistiche, ma anche foriere di danni e preoccupazioni per l’azienda stessa.
Detto questo, credo che talvolta ci debba essere un momento in cui, nell’arco della trattativa, il venditore deve avere la consapevolezza, l’autorevolezza, e anche il coraggio di “lasciare il tavolo” di sua spontanea volontà. Andiamo a vedere nello specifico alcune di queste situazioni.
– Il cliente non è redditizio. Il pacchetto delle condizioni richieste (sconto, tempi di pagamento e di consegna, costi di trasporto, ecc..) rendono la vendita antieconomica per l’azienda. Ogni valore singolarmente potrebbe magari essere tollerato dalla singola funzione aziendale (finance, logistica, controllo di gestione), ma la combinazione di tutti i valori no. E talvolta solo il venditore ha in mano il quadro complessivo quando negozia l’offerta di fronte al cliente. Per questo deve conoscere bene i “limiti”, espressi in modo chiaro e quantitativo, della sua negoziazione; e quando non possono essere oltrepassati
– Il cliente non è “in sintonia” con l’azienda. Per motivi vari, durante la trattativa, può emergere che il cliente non è allineato con alcuni standard o policy aziendali (produzione che deve fare i salti mortali per adeguare il ciclo produttivo, logistica che si deve riorganizzare, standard di sicurezza più stringenti di quelli normalmente adottati, valori aziendali), in modo da generare per l’azienda stessa problemi di adeguamento al “fuori standard”, danno all’immagine, ecc.
– Il cliente non è un buon pagatore. Non tutte le aziende si possono giovare di un credit analyst che possa passare al vaglio la situazione del prospect, ma certe informazioni di mercato oggi con un’attenta ricerca sul web e un buon network di conoscenze possono essere tranquillamente rintracciate.
– C’è una “better alternative”. Il tempo del venditore, come di chiunque altro, è una risorsa finita, che va allocata seguendo criteri di produttività. Scegliere di continuare ad impegnare tempo su un cliente significa anche distoglierlo da un altro. E’ necessario quindi sempre, prima di insistere all’infinito su di un cliente in “stand by”, valutare se non esista una alternativa più conveniente sulla quale investire tempo e risorse.
Quindi, “mollare il colpo” non deve essere sempre e comunque considerato un atto di rinuncia o di rassegnazione, ma anche talvolta il frutto di una valutazione razionale nell’interesse del venditore, dell’azienda e della sua redditività.
Posso affermare di avere vissuto, almeno una volta nella mia vita professionale, una esperienza dove questo processo funzionava a meraviglia. Era la country italiana di Indigo, una piccola multinazionale israeliana operante nel settore delle arti grafiche, poi acquisita da HP, dove l’organizzazione snella e lo stretto contatto fra i key account e le altre funzioni aziendali portava tutti a marciare coordinati nella stessa direzione. Una situazione rara, ma che per lo meno dimostra che “si può fare!”.