La più quotidiana fra le attività di un manager e di un imprenditore.
Si parla molto, e in modo particolare in questo ultimo tormentato periodo di capacità di Problem Solving. La chiedono i selezionatori, la dichiarano i professionisti nel loro curriculum.
La crescente velocità del cambiamento, aumentata drammaticamente dalla recente esperienza del Covid, mette le aziende e i loro manager di fronte a continue sfide, che devono essere affrontate e gestite efficacemente e in tempi rapidi.
Ma cosa significa veramente “Problem Solving”? In questo articolo ci proponiamo di fornire un quadro di riferimento su questa attività, e una metodologia per la sua efficace esecuzione.
Sgombriamo subito il campo da un possibile malinteso: problem solving non significa “avere intuito” o “possedere la bacchetta magica” per trovare immediatamente soluzione ad un problema.
Qui ci riferiamo a una metodologia strutturata, applicata all’interno di una organizzazione complessa come un’azienda, che prevede una sequenza di fasi, e l’utilizzo di competenze differenti, anche lontane fra loro, nello specifico:
- Capacità di analisi
- Capacità di giudizio
- Capacità logiche/di ragionamento
- Capacità creative
- Capacità organizzative/decisionali
- Capacità di comunicazione
Partiamo quindi con una definizione generale:
Un problema può essere considerato un GAP, cioè una distanza da colmare fra dove siamo (stato presente) e dove vorremmo essere (stato desiderato).
Il gap si può manifestare in qualsiasi ambito. Può essere un problema di produzione (la qualità del prodotto non è soddisfacente, o il ciclo produttivo è lento); di comunicazione sia interna (informazioni che non pervengono ai reparti interessati), sia esterna (l’immagine dell’azienda non è rappresenta i suoi valori); organizzativo (le persone non sono responsabilizzate sulle loro mansioni, ci sono conflitti fra funzioni o fra persone); di gestione dei clienti (perdita di clienti attivi nel medio/lungo periodo); e molto altro.
Per colmare questo Gap ottenendo la massima efficacia delle nostre azioni è opportuno evitare improvvisazioni, meglio osservare una sequenza. Altrimenti si rischia di finire fuori strada, agire per tentativi e approssimazioni, o prendere decisioni avventate. Qui di seguito illustriamo un utile schema di riferimento.
- Individuazione del problema. È famosa la frase di Albert Einstein che disse: “Se avessi solamente un’ora per salvare il mondo, passerei 55 minuti a definire bene il problema e 5 a trovare la soluzione” L’analisi preliminare costituisce il presupposto fondamentale di tutto il processo. Spesso per la fretta di risolvere, o per la presunzione di comprendere tutto al volo ci accontentiamo di cogliere alcuni segnali e dedurre quale sia il problema. Rischiando così di confondere il sintomo con la causa. Un’azienda aveva riscontrato una serie di reclami presso il customer care per il ritardo nella consegna degli ordini, o addirittura la mancata consegna degli stessi. L’attenzione si era concentrata inizialmente sui reparti della logistica (magazzino e spedizioni) ipotizzando inefficienze in quella funzione. Un’analisi più approfondita aveva messo in luce che il reparto finanziario aveva istituito regole più restrittive per la gestione del credito, che comportavano procedure di controllo dei pagamenti più rigide e lente, e talvolta il blocco degli ordini. Tali regole erano state inoltre introdotte senza informare in modo chiaro e tempestivo le altre funzioni, e soprattutto la clientela, che legittimamente affollava il customer care con le sue proteste.
- Fissazione dell’obiettivo. Risolvere un problema non significa semplicemente colmare il gap fra stato esistente e stato desiderato, ma anche fissare con chiarezza le caratteristiche dell’obiettivo che vogliamo raggiungere. Che non sia solamente un proposito. Se ci proponiamo di aumentare l’efficienza del reparto di assistenza tecnica, o di incrementare la nostra penetrazione di mercato stiamo solo enunciando dei propositi, che non supportano la ricerca della soluzione più adatta. Il metodo SMART ci aiuta nella definizione dei nostri obiettivi.
- Individuazione delle alternative. Questa è la fase in cui è necessario cambiare forma di pensiero: passare dal pensiero convergente al pensiero divergente. Spesso l’approccio istintivo è quello di basarsi sulle esperienze passate, utilizzando metodi consolidati, per minimizzare il rischio e velocizzare il processo. In tal modo ci precludiamo la possibilità di considerare qualche soluzione creativa. Tipico ad esempio in un momento di flessione delle vendite, cercare di rimediare e colmare il gap stimolando la rete commerciale e richiedendo un incremento della produttività: aumento del numero contatti, ottimizzazione del giro visite, ecc. Questo è invece il momento di aprirsi all’esterno, cogliere i segnali ambientali, analizzare il comportamento della concorrenza, e non porre limiti alle proposte anche più fantasiose. La tecnica del Brainstorming può essere di grande aiuto per svolgere questa fase. La soluzione migliore nel caso precedente potrebbe essere ad esempio ben differente, chiedendo ai venditori di aumentare il tempo trascorso in ufficio ad analizzare il loro portafoglio clienti, per ottimizzare la loro attività sul territorio e concentrarsi maggiormente sui clienti a maggior valore aggiunto.
- Selezione delle alternative. Se sono state individuate più soluzioni praticabili, la selezione di quella migliore passa attraverso una serie di valutazioni che risentiranno delle priorità aziendali. Non si tratta quindi solo di considerare l’aspetto economico, ma anche l’incidenza di molti altri fattori. A seconda dei casi e della decisione da prendere si devono valutare i tempi di realizzazione, gli effetti sui carichi di lavoro, sul clima aziendale, l’impatto ambientale, il giudizio di interlocutori esterni all’azienda, sia vicini (clienti e fornitori), sia più esterni (organizzazioni sindacali, mercati finanziari, comunità in rete…), l’impatto sull’immagine aziendale, e altro. Non esiste oggettivamente una decisione migliore in assoluto, ma dipenderà dal rispetto dei valori e della visione della proprietà e del management.
- Realizzazione della soluzione. Il problema non si può dire risolto finché la soluzione selezionata non viene implementata e ha dato prova della sua efficacia. Altrimenti si rischia di avere fatto solo un esercizio teorico. Una volta individuata quindi la soluzione ritenuta migliore è fondamentale determinare le modalità operative e assegnare con precisione le responsabilità. Qui la regola delle 3W (who, what, when: chi fa che cosa, quando) ci aiuta a non trascurare nessun effetto dell’implementazione. Senza una accurata definizione dei compiti e delle fasi dell’implementazione si rischia di vanificare l’impegno profuso nelle attività precedenti.
- Comunicazione e formazione interna. Per assicurare la comprensione e l’accettazione della nuova soluzione è importante che i cambiamenti introdotti vengano resi noti all’interno dell’organizzazione, e anche all’esterno a tutte le parti interessate. E venga fornita l’eventuale formazione necessaria agli esecutori materiali. Questo punto purtroppo rappresenta spesso uno scoglio contro il quale si arenano alcune buone soluzioni. Ci si deve assicurare che tutte le parti coinvolte siano in grado di svolgere efficacemente il loro ruolo e fornire il loro contributo. L’esempio portato sopra a proposito delle decisioni del reparto finanziario è calzante anche in questo ambito. La soluzione adottata per migliorare la liquidità dell’azienda non era stata comunicata adeguatamente e questo ha causato più problemi che vantaggi all’azienda.
- Monitoraggio, consolidamento e Revisione. La risoluzione di un problema implica dei cambiamenti all’interno dell’organizzazione, che possono avere ripercussioni al suo interno, e generare eventuali resistenze. Che magari non si manifestano immediatamente ma anche dopo un certo periodo di tempo, talvolta anche mesi. Per questo motivo non ci si deve accontentare che la soluzione funzioni, ma la stessa va sottoposta ad un certo periodo di “rodaggio”, durante il quale deve essere sostenuta, e sottoposta anche a processi di eventuale revisione per ottimizzarne alcuni aspetti.
In conclusione ci preme sottolineare che la sequenza indicata non deve spaventare, o far pensare che si tratti di un processo pesante e pieno di lungaggini. Molte delle fasi indicate possono essere svolte nel corso di brevi riunioni, o addirittura svolte da una singola persona. L’importante è che non vengano trascurate, e che esista un metodo strutturato per affrontare qualsiasi tipo di problema, e un percorso che porti a realizzare la soluzione più adeguata.
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