“Qualunque cosa vi abbia portato
ad essere dove siete ora,
non è più sufficiente
a garantire che vi rimaniate”
Il tema del cambiamento è sempre più attuale. La sempre più rapida evoluzione delle tecnologie e delle dinamiche di mercato impone alle aziende di essere continuamente pronte ad inserire elementi nuovi e innovativi all’interno delle loro organizzazioni. Siamo sempre più immersi in un mondo VUCA.
Tuttavia, la maggior parte dei cambiamenti, sia in Italia sia all’estero falliscono o riescono parzialmente (1), come vedremo, per ragioni dovute all’inadeguatezza della loro gestione.
Il cambiamento crea resistenze, quindi non avviene spontaneamente. Inoltre l’autorità non è una leva che può funzionare in assenza di credibilità. Occorre adottare un approccio che comprenda i saperi di più materie: economia, sociologia, psicologia, management. La convinzione che sia sufficiente dire “da domani si cambia” non è più valida.
Molti studiosi hanno analizzato le dinamiche del cambiamento in azienda, e hanno individuato una serie di azioni per renderlo effettivo. L’obiettivo di questo articolo è fornire una sintetica panoramica di queste azioni.
Prima di descriverle forniamo una definizione generale.
Per cambiamento si intende un processo attraverso il quale un’organizzazione evolve da uno stato A in cui si trova a uno stato B, in cui l’organizzazione aspira a trovarsi al termine del progetto.
L’obiettivo della gestione del cambiamento è quello di modificare, almeno parzialmente, conoscenze, competenze, comportamenti dello stato A per costruirne di nuovi adeguati a gestire efficacemente lo stato B.
Il cambiamento può essere una semplice risposta adattiva allo scenario, oppure un progetto più pianificato. Può riguardare quindi una intera ristrutturazione aziendale, l’introduzione di una nuova linea produttiva, la riorganizzazione di una forza commerciale, ecc…
Esistono alcuni elementi comuni a tutti questi processi di cambiamento, che possono essere gestiti efficacemente dal management aziendale.
Cogliere i segnali esterni. È fondamentale saper individuare e analizzare le dinamiche ambientali e di settore, comprendere velocemente la necessità di introdurre elementi correttivi o innovativi. Spesso una posizione di mercato consolidata, l’inerzia, la superficialità impediscono di cogliere le minacce (e le opportunità) provenienti dall’esterno. La storia è ricca di esempi di aziende, grandi e piccole, che sono naufragate per non avere saputo cogliere l’importanza di avvenimenti quali ad esempio l’avvento della fotografia digitale, di internet, dell’e-commerce o di nuovi competitor. A partire da Kodak, a Nokia, fino a piccole e medie aziende del tessuto industriale italiano. Consigliamo a tutti la lettura di un illuminante breve testo di Spencer Johnson. (2)
Trarre giovamento dalle esperienze precedenti. Se escludiamo le startup, qualsiasi azienda ha affrontato nel passato processi di cambiamento di vario genere. Sfortunatamente spesso le aziende stesse hanno la memoria corta, e non analizzano con cura le best practice da capitalizzare e gli errori da non ripetere.
Coinvolgimento della leadership aziendale Una volta compresa la necessità di introdurre un cambiamento, è fondamentale che il top management sia presente con alcune azioni irrinunciabili:
- fornendo per primo l’esempio, mostrando di essere presente e coinvolto e non estraniandosi dal processo dopo averlo avviato;
- rimuovendo gli ostacoli che si frappongono all’applicazione di nuovi metodi, che possono essere di carattere tecnologico, burocratico, amministrativo. Talvolta i processi si arenano o rallentano per motivi banali: un’autorizzazione mancante, un server lento, una procedura inadeguata.
- fornendo gli strumenti per una corretta applicazione delle nuove pratiche. Tante volte durante i nostri interventi in azienda raccogliamo le lamentele di chi ha una nuova mansione o deve utilizzare una nuova metodologia ma non viene messo nelle condizioni appropriate per svolgerla. Per mancanza di autorità o di adeguata formazione.
La comunicazione. Uno degli elementi assolutamente cruciali che favoriscono od ostacolano il cambiamento è il processo interno di trasmissione delle informazioni, che si può declinare in più fasi:
- Il management deve spiegare motivi e finalità del cambiamento, fornire ragioni e motivazioni valide. Creare quello che John Kotter definisce “un senso di urgenza” (3), che generi un incentivo all’azione.
- Le persone coinvolte materialmente nel processo devono ricevere istruzioni precise sulle modalità di esecuzione, e nel caso una formazione adeguata, per lo svolgimento dei nuovi compiti. E il resto della struttura deve ricevere le informazioni necessarie a recepire correttamente le novità. Si eviti la classica frase “non siamo stati informati”.
- Il management non deve mancare di segnalare ed encomiare prontamente i casi di successo e di applicazione positiva del cambiamento in corso.
Il coinvolgimento delle persone giuste. Quando si introducono elementi innovativi in una struttura numerosa è molto importante scegliere le prime persone da coinvolgere nel processo. All’interno dell’organizzazione esistono sempre individui più favorevoli al cambiamento, e con una spiccata attitudine a comunicare e coinvolgere gli altri. Sono definite tecnicamente da Gladwell “Connectors” (4), e possono diventare i veri facilitatori, capaci di coinvolgere e trascinare il resto dell’organizzazione grazie al loro esempio e alla loro proattività, rafforzando i comportamenti positivi con la loro credibilità.
- Fautori del cambiamento o change advocates, coloro che introducono e danno avvio al cambiamento
- Sponsor, ovvero persone o gruppi che hanno il potere reale di influenzare le risorse umane e finanziarie
- Agenti del cambiamento o change agents, ossia coloro che devono attuare il cambiamento e operare come facilitatori.
- Destinatari del cambiamento (change recipients) sono tutti quelli che devono modificare ruoli, comportamenti, competenze, come esito finale del processo di cambiamento.]
Ragionare in modo sistemico. Spesso i cambiamenti in azienda vengono considerati circoscritti a una funzione, a un ambito ristretto, e non si considera l’organizzazione come un tutto (un sistema) le cui parti sono strettamente interconnesse.
È altresì fondamentale la sensibilità nel comprendere le differenti tempistiche di cambiamento e le asimmetrie temporali delle varie parti dell’organizzazione. In questi processi si chiede di modificare comportamenti a molti individui diversi e differenti, e naturalmente i tempi di risposta individuali possono essere molto diversi.
Il pensiero sistemico ci viene in aiuto, soprattutto con due nozioni fondamentali.
- Da una parte, si devono considerare tutti gli effetti e le ripercussioni che un cambiamento in una determinata area aziendale può avere su tutte le altre aree. Ad esempio, l’introduzione di un metodo più stringente per il controllo qualità può causare un impatto sulla logistica, ritardi nelle consegne, un sovraccarico del customer care, la necessità di una comunicazione preventiva sia alle vendite sia alle aziende clienti.
- Dall’altra, si deve tenere conto che una qualsiasi variazione all’interno di un sistema ha dei ritardi nel produrre gli effetti desiderati, che vanno calcolati come fisiologici, e non come inefficienze. Ad esempio, riorganizzare una forza vendite da una competenza territoriale a una per linea di prodotto può comportare ridefinizioni nella contrattualistica, nel CRM, nei sistemi informativi, nell’amministrazione, che possono comportare mesi di attesa prima che il cambiamento sia a regime
Il fattore umano e l’intelligenza emotiva. Come abbiamo già sottolineato, l’implementazione di un cambiamento genera resistenze, e necessita di adeguate motivazioni. La resistenza è la forma che si oppone alla rottura dell’equilibrio preesistente. E allo stress che deriva dal minore controllo sulla nuova situazione. L’individuo non riesce a trovare un equilibrio accettabile, e può provare talvolta emozioni negative, alterazioni della salute personale e comportamenti organizzativi disfunzionali. Non a caso i modelli anglosassoni invitano ad affrontare il cambiamento incentivando la fiducia, il teamwork e lo spirito di appartenenza. Secondo Frigelli (5) nel cambiamento è necessario saper comprendere e condividere due codici: un codice materno per capire quali sono i bisogni delle persone, gestirli, ma essere aderenti, necessariamente, a un codice paterno, dove produttività, redditività, qualità, sono elementi imprescindibili della prestazione dell’impresa. Spesso il management è portato a ragionare per efficienza dei processi, e a sottovalutare il fattore umano nella sua interezza.
Il consolidamento. Una volta seguiti correttamente tutti i passi per implementare il cambiamento non si può allentare la tensione. Le abitudini hanno una grande forza, e il rischio di tornare a pratiche e comportamenti precedenti abbandonando la nuova via intrapresa è sempre presente. Una costante azione di monitoraggio con supporto e coaching si rende necessaria perché il cambiamento entri nella routine quotidiana senza generare effetti di ritorno.
L’applicazione dei principi sopra elencati non garantisce la certezza di una efficace implementazione di un processo di cambiamento, ma sicuramente costituisce la base per minimizzare le probabilità di insuccesso. Raccomandiamo quindi ai manager di fermarsi e utilizzarla come checklist per non vedere vanificati successivamente i loro sforzi.
- Assochange – Osservatorio 2018 change management https://www.aidp.it/aidp_be/ALLEGATI/DOC/0/Osservatorio%20ASSOCHANGE_EXECUTIVE%20REPORT_18.pdf
- Spencer Johnson – Chi ha spostato il mio formaggio? – Sperling & Kupfer
- John. P. Kotter – Accelerate – Harvard Business Review Press. Pag. 81
- Malcom Gladwell – the tipping point – Little, Brown & Co. Pag 32
- Umberto Frigelli – Guidare il cambiamento organizzativo – FS Edizioni
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