Mentre preparavo un modulo del mio corso sulle tecniche di vendita riferito specificamente alla professionalità del venditore, mi è capitato di riflettere sul fatto che questa professione sia una di quelle in cui due tipi di morale, quella “kantiana” e quella utilitaristica si coniugano insolitamente a meraviglia.
La morale cosiddetta “kantiana” si basa su principi assoluti, che devono essere rispettati in qualsiasi caso, indipendentemente dalla situazione, come ad esempio l’inviolabilità della vita umana. La morale utilitaristica invece misura la giustezza di un comportamento in funzione del risultato finale che genera.
Quindi ad esempio, di fronte ad un assassino dichiarato colpevole, la morale “kantiana” potrebbe sostenere che comunque non deve essere mai condannato a morte, perché il principio è il rispetto della vita, mentre la morale utilitaristica potrebbe sostenere il contrario, se la sua condanna a morte servisse come deterrente per altri potenziali assassini.
Cosa c’entra tutto questo con la vendita? C’entra, perché i comportamenti del venditore che intende restare sul mercato nel lungo periodo devono essere i medesimi, anche partendo da presupposti diversi, e indipendentemente dall’atteggiamento morale che predilige.
Il venditore “kantiano” si comporterà correttamente con il cliente, senza ingannarlo, cercando di finalizzare una trattativa win-win, spiegando con chiarezza tutte le condizioni commerciali, e tenendo fede alle promesse fatte, in base a principi generali ed inviolabili di correttezza e lealtà.
Si potrebbe pensare (e qualcuno lo pensa ancora…), diversamente, che il venditore utilitaristico dovrebbe mettere in campo comportamenti differenti. Pur di vincere la trattativa raccontare al cliente delle mezze verità, cercare di ottenere il massimo delle condizioni commerciali “spennando” il cliente stesso, facendo qualche dichiarazione “overpromising” che non verrà mantenuta integralmente una volta firmato l’ordine.
Ma in realtà non funziona così. Il venditore che desidera restare profittevole nel medio/lungo periodo, anche avendo una visione utilitaristica, dovrà adottare gli stessi comportamenti del “kantiano”. Perché solo attraverso una serie di comportamenti “customer oriented” si possono ottenere degli effetti che garantiscono la sopravvivenza nel business e l’ampliamento della customer base:
– la fidelizzazione del cliente, che preferirà fare riferimento ad un venditore affidabile, che gli concede un livello accettabile di marginalità;
– la minimizzazione dei problemi post-vendita, dato che il cliente che si è sentito “spennato” molto probabilmente sarà il primo a creare disagi, avendo maturato un sentimento di rivalsa;
– il passaparola positivo e la credibilità attraverso le referenze, dato che nel mondo cablato di oggi, attraverso social network, blog e forum di discussione le informazioni circolano ovunque in tempo reale.
E così, anche chi sulla carta non vive di principi assoluti di comportamento, ma bada cinicamente a conseguire il risultato, si troverà insolitamente a fianco di operatori più virtuosi, se vuole migliorare le sue performance e sopravvivere in un contesto sempre più competitivo.
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