Se voi non siete Chuck Norris, e dovete “rompere il ghiaccio” in fase di apertura di una prima visita, cosa potete fare….?
Sono numerosi gli approcci che nel tempo hanno suggerito “ricette magiche” per aprire un incontro nel modo migliore, Dal saluto con ampio sorriso, stretta di mano vigorosa e un cordialissimo “come sta…?”, al riferimento iniziale a qualche oggetto sulla scrivania o foto appesa al muro, all’immediata presentazione di se stessi, della società, dell’obiettivo della visita, e altri ancora.
Chuck Norris probabilmente direbbe “Hey man, what’s up…?
Noi d’altro canto, da fautori della personalizzazione estrema di ogni fase della trattativa con il cliente, non possiamo sostenere un approccio del tipo “one size fits all”, non esiste una formula valida per tutti i clienti e per ogni contesto.
Sono numerose le variabili coinvolte, e ognuna ha la sua rilevanza per pianificare il nostro primo approccio con la persona che incontreremo. Come sempre la raccolta preliminare delle informazioni, e la susseguente pianificazione delle azioni da compiere riveste grande importanza per il risultato finale.
Sicuramente oggi le informazioni disponibili per tracciare una prima cornice del quadro nel quale ci muoveremo sono numerosissime:
– Il sito aziendale, e altre informazioni disponibili sul web, per conoscere la cultura aziendale, ed eventuali informazioni direttamente sulla persona.
– Il profilo linkedin della persona che incontreremo, per scoprire il suo background professionale, la sua istruzione, i suoi interessi, i gruppi di cui fa parte, eventualmente le sue pubblicazioni. Ed eventualmente altri profili personali pubblicati sugli altri social network (twitter, facebook), che ci diranno molto anche sul suo livello di espansività e propensione a comunicare
E il ghiaccio da rompere potrebbe già presentarsi sotto forma di cubetti, al posto che di un monolitico iceberg.
Una volta raccolte tutte le informazioni preliminari che potremmo avere a disposizione, è importante trarne altre da eventuali contatti avvenuti prima della visita. Uno scambio di e-mail, piuttosto che una telefonata con il diretto interessato. Da qui possono emergere altre indicazioni preziose per tarare il tenore del nostro esordio.
Messaggi sintetici e asciutti, oppure logorroici ed espansivi, richieste rigorose di orari e puntualità (“venga alle 10:45) oppure più aperte e disponibili (“venga domattina, mi trova in ufficio) ci dicono parecchio sulle esigenze della persona nel rapporto interpersonale. Dal tono della sua voce, dalla lunghezza delle sue frasi, dal modo in cui si è congedato arrivano segnali significativi.
Ed eccoci al momento dell’incontro! Stiamo bene attenti a cosa succede al nostro arrivo dopo che ci siamo annunciati.
– Ci viene incontro sorridente ci stringe la mano e ci chiede se vogliamo un caffè?
– Ci aspetta nel suo ufficio e comunque si alza per accoglierci e ci fa portare un caffè?
– Ci aspetta nel suo ufficio e ci fa accomodare?
– Una volta che siamo di fronte a lei/lui apre con un argomento “rompighiaccio”, oppure dice “mi dica” e ci lascia la parola?
Sono solo alcuni esempi caratterizzanti i primi secondi di interazione, ma che condizionano assolutamente il nostro comportamento.
Ricordiamoci che i nostri obiettivi inziali devono essere
– Generare accettazione
– Creare interesse
Il primo obiettivo viene raggiunto creando un allineamento con lo stile di relazione interpersonale del nostro interlocutore. Se ad esempio vi ha dato un tempo limitato per l’incontro e accogliendovi vi dice “mi dica”, avremo probabilmente di fronte una persona sintetica e basso espansiva. Sarà opportuno quindi andare subito al sodo senza tanti preamboli, esordendo magari con una frase come “La ringrazio, le porterò via il tempo strettamente necessario. L’obiettivo della mia visita è….”. Viceversa, di fronte ad un atteggiamento più conviviale e discorsivo apparire eccessivamente stringati e focalizzati sull’obiettivo può risultare inopportuno. E partire più da lontano, magari con qualche accenno alla situazione generale del settore, o addirittura, se il cliente è molto estroverso, ed è lunedì, parlando del recente fine settimana.
A questo si aggiunge ovviamente tutta la parte di comunicazione non verbale (segnali del corpo, tono della voce, contatto visivo, ecc.. ) che devono essere coerenti con il nostro messaggio verbale, e qualificano il modo in cui trasmettiamo un certo messaggio al cliente.
Il secondo obiettivo si raggiunge cercando fin dal nostro esordio di differenziarci dai nostri concorrenti. Cercando quindi una formula che faccia percepire al cliente (ovviamente quello che conta è solo la sua percezione) che stiamo per offrirgli un valore aggiunto, in qualche modo differente dagli altri.
Ad esempio potremmo esordire dicendo “Non sono venuto per presentarle un prodotto, ma solamente per capire se quello che offre la mia azienda può risultarle utile”. Che diventa anche lo scivolo ideale per avviare l’indagine sulle sue esigenze.
Non può ovviamente essere questa la sede per elencare la grande varietà di strategie verbali e di metacomunicazione che possiamo adottare.
Quello che invece intendiamo ribadire è che al posto che presentarci con un “pacchetto vincente” per rompere il ghiaccio, il nostro obiettivo al primo incontro deve essere quello di “tenere drizzate le antenne”, e mantenere la massima flessibilità comunicativa in funzione dei segnali che il cliente ci avrà trasmesso e che noi saremo stati capaci di cogliere.
E se proprio non ci vuole ascoltare…. Beh ci penserà Chuck Norris…
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